Mergellina e il Castel dell’Ovo

Mergellina (in napoletano Margellìna) è una zona della città di Napoli, nel quartiere Chiaia, che si estende tra il largo Sermoneta e la Torretta, lambendo Piedigrotta e la riviera di Chiaia.

Si trova in riva al mare, ai piedi della collina di Posillipo. Il suo stesso nome è legato alla posizione sul Golfo: deriva infatti dal termine “mergoglino” (uccello acquatico).

Dal porticciolo di Mergellina (un tempo di pescatori, oggi turistico, con il molo Luise che funge da luogo di passeggio sul mare) partono quotidianamente gli aliscafi per le isole del golfo.

Mergellina è caratterizzata anche dalle rampe di Sant’Antonio, sistemate dal viceré Medina de Las Torres nel 1643, che salgono dal limite nord di piazza Sannazaro e prendono il nome dalla chiesa di Sant’Antonio a Posillipo, situata sulla loro sommità.

Sono inoltre presenti l’antica Fontana del Leone (detta anche del Mergoglino) lungo via Mergellina, l’ottocentesca Fontana della Sirena in piazza Sannazaro e la chiesa di Santa Maria del Parto, fondata (su un podere avuto in dono da Federico d’Aragona) dal poeta Jacopo Sannazaro, ivi sepolto. Il tempio si trova al di sopra di rinomati ristoranti meta per i buongustai della città e non, tra i quali spicca il rinomato Carminuccio a Mergellina celebre taverna di pescatori a conduzione familiare.

Il castel dell’Ovo (castrum Ovi, in latino), è il castello più antico della città di Napoli ed è uno degli elementi che spiccano maggiormente nel celebre panorama del golfo.

A causa di diversi eventi che hanno in parte distrutto l’originario aspetto normanno e grazie ai successivi lavori di ricostruzione avvenuti durante il periodo angioino ed aragonese, la linea architettonica del castello mutò drasticamente fino a giungere allo stato in cui si presenta oggi.

Il castello sorge sull’isolotto di tufo di Megaride (greco: Megaris), propaggine naturale del monte Echia, che era unito alla terraferma da un sottile istmo di roccia. Questo è il luogo dove venne fondata Partenope nell’VIII secolo a.C., per mano cumana. Durante il VI secolo a.C., nel sottostante pianoro sorse la nuova zona residenziale (“Neapolis”). La parte più antica della città fu chiamata “Palepolis” (città vecchia) e cadde in disuso nel IV-III secolo a.C.

Sull’isolotto di Megaride, già alla fine del V secolo, si insediarono monaci basiliani chiamati dalla Pannonia da una matrona Barbara con le reliquie dell’abate Severino. Allocati inizialmente in celle sparse (dette “romitori basiliani”), i monaci adottarono nel VII secolo la regola benedettina e crearono un importante scriptorium (avendo probabilmente a disposizione anche quanto restava della biblioteca luculliana).

Il complesso conventuale venne però raso al suolo all’inizio del X secolo dai duchi di Napoli, per evitare che vi si fortificassero i Saraceni usandolo come base per l’invasione della città, mentre i monaci si ritiravano a Pizzofalcone.

Nell’872, sull’isolotto al tempo denominato di San Salvatore i Saraceni imprigionano il vescovo Atanasio di Napoli, ma lo sforzo congiunto delle flotte del Ducato di Napoli e della Repubblica di Amalfi permette di liberare il vescovo e scacciare i musulmani[6]. In un documento del 1128 nel sito viene nuovamente citata una fortificazione, denominata Arx Sancti Salvatoris dalla chiesa di San Pietro che vi avevano costruito i monaci. Testimone dell’insediamento dei monaci basiliani è proprio quanto resta di questo luogo di culto, fondato dagli stessi monaci e le cui prime notizie risalgono al 1324. L’unico elemento architettonico di rilievo rimasto è l’ingresso preceduto dai grandi archi del loggiato.

Ruggiero il Normanno, conquistando Napoli nel 1140, fece di castel dell’Ovo la propria sede. L’uso abitativo del castello tuttavia veniva sfruttato solo in poche occasioni dato che, con il completamento del Castel Capuano, furono spostate lì tutte le direttrici di sviluppo e di commercio verso terra. Con i Normanni, iniziò un programma di fortificazione sistematica del sito, che ebbe nella torre Normandia il suo primo baluardo, ed era quella su cui sventolavano le bandiere.

Con il passaggio del regno agli Svevi attraverso Costanza d’Altavilla, castel dell’Ovo viene ulteriormente fortificato nel 1222 da Federico II, che ne fa la sede del tesoro reale e fa costruire altre torri – torre di Colleville, torre Maestra e torre di Mezzo. In quegli anni, il castello divenne reggia e prigione di stato.

Il re Carlo I d’Angiò spostò a Castel Nuovo (Maschio Angioino) la corte. Mantenne tuttavia a castel dell’Ovo – che proprio in questo periodo comincia ad essere denominato chateau de l’Oeuf o castrum Ovi incantati – i beni da custodire nel luogo meglio fortificato: ne fece quindi la residenza della famiglia, apportandovi allo scopo numerosi restauri e modifiche, e vi mantenne il tesoro reale. In questo periodo, in quanto prigione di stato, nel castello vi fu rinchiuso Corradino di Svevia prima di essere decapitato nella piazza del Mercato, e i figli di Manfredi e della regina Elena Ducas.

Alfonso V d’Aragona, iniziatore della dominazione aragonese a Napoli (1442 – 1503), apportò al castello ulteriori ristrutturazioni, arricchendo il palazzo reale, ripristinando il molo, potenziando le strutture difensive e abbassando le torri.

Durante il periodo del cosiddetto “Risanamento”, che cambiò il volto di Napoli dopo l’Unità d’Italia, un progetto elaborato dall’Associazione degli scienziati letterati e artisti nel 1871 prevedeva l’abbattimento del castello per far posto ad un nuovo rione. Tuttavia quel progetto non fu attuato e l’edificio rimase in possesso del demanio e praticamente in stato di abbandono, fino all’inizio dei restauri nel 1975.

Oggi è annesso allo storico rione di Santa Lucia ed è visitabile. Nelle grandi sale si svolgono mostre, convegni e manifestazioni. Alla sua base sorge il porticciolo turistico del “Borgo Marinari”, animato da ristoranti e bar, sede storica di alcuni tra i più prestigiosi circoli nautici napoletani.

fonte:wikipedia